sabato 4 febbraio 2012

Sesto. Stop&go.

Jean posò l'ultimo bicchiere sullo scolapiatti e si asciugò le mani con lo strofinaccio. Si girò con aria soddisfatta. Checco, dopo la giornaliera chiamata ai suoi genitori partiti per un viaggio enogastronomico in Cina, si era rumorosamente addormentato sul divanetto.
Jean si avvicinò alla televisione, che trasmetteva per nessuno spettatore un film d'azione degli anni Ottanta. Checco dormiva rannicchiato troppo beatamente per essere svegliato, quindi Jean pensò che sarebbe stato meglio lasciarlo lì. Gli mise una coperta di pile addosso e si diresse verso l'ingresso e si mise il cappotto. Aprì  la porta con delicatezza e se la richiuse alle spalle solo dopo aver controllato con ripetuti palpeggiamenti a pantaloni e tasche della giacca di avere le chiavi con sè. Salì le scale lentamente, finché non si imbatté in una porta di metallo. La aprì non senza mugolare per la fatica e si ritrovò sul tetto della palazzina.
Sul tetto vi era uno spiazzo, quasi completamente sgombro, che gli studenti utilizzavano d'estate per dare festicciole piene di amici e di alcol etilico. Tuttavia quella era una fredda notte invernale, e lassù non c'era niente e nessuno, eccezion fatta per la sdraio portata là appositamente da Jean un paio di mesi prima.
Quello era uno dei suoi posti preferiti, pensò Jean. Lì poteva stare completamente da solo. Solo con le stelle, solo con le luci della città, solo con i suoi pensieri. Poteva chiudere gli occhi e svuotare la mente.
Si avviò verso la sdraio e si sedette. Tirò fuori fuori una sigaretta e se la mise in bocca e se l'accese. Tirò un ampia boccata, i polmoni si riempirono e i muscoli si distesero. Che bellezza, pensò Jean.  Chiuse gli occhi per un attimo.
Benché si trovasse nel cuore della città quella sera le stelle erano abbastanza visibili. Ecco su in cima il Grande Carro, e più a destra l'Orsa Minore con la Stella Polare che luccicava attaccata alla sua coda. Un po' più in basso la cintura di Orione, con le tre stelline allineate che sembravano ammiccare all'osservatore maliziosamente. Ma dov'è lei, la più bella? Ma sì, eccola là Sirio, che con la sua luce in alcune notti rischiara la terra più della luna, che con il suo spendore illumina il cuore degli uomini che attraversano le notti più buie!
Gli occhi di Jean brillavano, e mille occhi luccicavano specchiandosi nei suoi. Tirò un' altra boccata dalla sigaretta e stavolta gli provocò un piacere travolgente. Distolse gli occhi dalla volta celeste, si lasciò cadere sullo schienale della sdraio e li chiuse lentamente. Le palpebre gli bruciavano piacevolmente sugli occhi.
Ripensò ai fatti della giornata e un accenno di sorriso gli si dipinse sul volto.
E il Tutto in quel momento fluì in Jean, o almeno così gli parve.

***

La mattina seguente Jean si alzò di buon ora e si fece una doccia rapida. Avrebbe voluto vestirsi dignitosamente, ma come al solito il risultato fu tutt'altro che soddisfacente. Chiaramente la moda non sarà mai il mio mestiere, pensò Jean con un poco di mestizia dipinta sul volto mentre osservava allo specchio l'infelice accostamento di colori tra il suo maglione di lana blu e i jeans sgualciti marrone chiaro.
Checco, che si era appena svegliato, passò stropicciandosi gli occhi davanti a Jean, il quale era ancora intento a girarsi e rigirarsi con aria alquanto stupida di fronte allo specchio del salotto. Checco guardò il suo amico scuotendo la testa esasperato e si avviò verso camera sua.
Jean lo guardò con astio, odiava l'abilità di Checco nel vestire e nel sembrare sempre in ordine. Si avviò verso il cucinino, si preparò un toast e si versò un bicchiere di succo d'arancia.
Proprio mentre stava per addentare la sua colazione Checco tornò in salotto e gli lanciò un paio di pantaloni, di colore grigio chiaro. -Almeno oggi cerca di avere un minimo gusto nel vestire, amico. Vestito così sembri veramente un idiota. - Jean lo ringraziò con un sorriso.
Già. Quel giorno era un giorno speciale per Jean. Aveva un colloquio con la Royal Carribbean International Italia, per quel lavoro che gli aveva consigliato suo zio, come sguattero nella  nave da crociera che sarebbe partita la settimana dopo da Marsiglia per una viaggio attraverso le isole del Mediterraneo. Un'occasione da non perdere.
Jean trangugiò in un paio di bocconi il toast mandandolo giù con il succo e si infilò il cappotto che aveva ancora la bocca piena.
Salutò il suo coinquilino con un -Ciao!- soffocato dal toast aranciato, sbatté la porta e si lanciò sulle scale pronto ad affrontare agguerrito una nuova giornata.
Sull'autobus Jean non fece altro che pensare al colloquio. Sapeva l'inglese, il francese e l'italiano perfettamente ma per il resto non aveva altre conoscenze professionali. Certo, non avrebbe dovuto svolgere lavori complicati o di responsabilità. A lavare i piatti e a pulire le cucine erano capaci tutti, diamine. Eppure Jean non si sentiva affatto tranquillo, quella era una bella occasione, e aveva una paura tremenda di lasciarsela suggire.
Scese dall'autobus in Viale Gramsci e si diresse verso l'ufficio della Royal Carribbean. Era una bella giornata di sole, le nuvole erano candide nel cielo. In una qualsiasi giornata del genere Jean si sarebbe messo a guardare il cielo con aria rapita, per poi finire a sbattere contro un passante che gli avrebbe bestemmiato dietro. Ma non quel giorno. L'ansia per il primo colloquio di lavoro della sua vita era troppa.
Fece in dieci minuti la strada che normalmente avrebbe fatto in venti, e finalmente arrivò al palazzo dove c'era la filiale della compagnia di crociere più grande del mondo. Suonò il campanello, entrò e salì le scale fino alla porta di vetro con il logo della compagnia stampato sopra.
Aprì la porta lentamente e la vide.
Fu come un fulmine, e da quel momento nulla fu come prima.


Continua...

domenica 15 gennaio 2012

Quinto. In cucina.


Scese dalla macchina svogliatamente, le forze necessarie a combattere contro i genitori erano state immense, e Jean ne era uscito veramente provato. Diede una spinta alla portiera della Matiz, che però si posò senza rumore sui cardini. Imprecando tra sè e sè si riavvicinò alla macchina e chiuse lo sportello con violenza. Checco lo raggiunse e insieme si incamminarono verso casa. Durante il tragitto da casa Dandini sino alla zona universitara di Novoli Jean non aveva proferito parola, e Checco aveva rispettosamente accettato il suo turbamento. Camminarono in silenzio, con le mani affondate nei cappotti. Jean tirava su con il naso.
Checco decise di rompere il silenzio. -Pesante, vero?-
Jean alzò gli occhi, che in quel momento sembrarono gelidi come ghiaccio. -Non immagini quanto.-
Arrivarono di fronte al portone, Checco infilò la chiave la girò. Superate le due rampe di scale entrarono in casa.