sabato 23 luglio 2011

Politica vs Giustizia. La fine di un'epoca

Basta sfogliare senza tanta attenzione un quotidiano, o scorrere distrattamente i titoli iniziali di un qualsiasi telegiornale per accorgersi che su tutte le cronache possibili all'interno dell'informazione troneggia incontrastata quella politica e che in essa l'argomento che riduce tutti gli altri ad un mero ruolo di terza pagina o di approfondimento è quello che riguarda la giustizia. O magari la giustizia politica.
Non è di certo un dramma, né una sensazionale scoperta: i giornalisti devono -o più propriamente dovrebbero- interessarsi e far interessare l'opinione pubblica su ciò che più da vicino li riguarda, cioè la politica, il modo in cui i nostri rappresentanti prendono delle importanti decisioni che ci riguardano tutti, in prima persona. Ecco il perché della frequenza di notizie riguardanti la cronaca politica.
E la giustizia? La risposta è ancora più semplice: il motivo per cui si tratta così spesso di giustizia e di riforme sulla giustizia all' interno di qualsiasi mezzo d'informazione è perché la stragrande maggioranza dei nostri rappresentanti non ha in mente altro se non salvare la propria pellaccia e quella dei propri compagni di merende dalle spietate grinfie dei magistrati.
Tutti i dubbi sono cancellati: la Casta può difendersi dalla legge legiferando, quindi lo fa. E i giornalisti (compreso il trio Sallusti-Belpietro-Minzolini) informano su questo, ognuno distorcendo la realtà favorendo il politico che lo sostiene.
Proprio nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è intervenuto sul tema della giustizia, poiché come si sa negli ultimi tempi il rapporto tra politica e magistratura si sta preoccupantemente incrinando. In particolare il Capo dello Stato in un primo intervento ha ammonito i magistrati esortandoli a "farsi carico delle aspettative della collettività, per impedire gli attriti e le contrapposizioni tra politica e giustizia", per poi aggiustare il tiro solo due giorni dopo affermando di "aver richiamato a comportamenti che non offuschino la credibilità ed il prestigio dei magistrati e non indeboliscano l'efficacia dei loro interventi a tutela della legalità".
Chiacchere, nient'altro. Chiacchere quelle dei politici. Chiacchere quelle dei giornalisti. Chiacchere persino quelle del Presidente della Repubblica. La realtà è una e una sola, ossia che il paese è in mano ha un gruppo di obsoleti criminali corrotti e bavosi che non fanno altro che promulgare leggi ad personam -o meglio ad castam- inveendo contro le toghe che per quanto è in loro potere cercano di salvare il Paese da un oblio senza fine fatto di corruzione e pornografia.
Ingenua demagogia, si potrà dire. Ma non è così. Difatti in un paese dove la legalità invece di essere un principio assodato, difeso -e magari anche promulgato come esempio da chi ci governa- è un muro che si cerca in continuazione di scavalcare con ogni sorta di mezzo, i magistrati hanno dimostrato di essere l'ultimo baluardo difensivo della nostra Costituzione, trattando i potenti come ogni altro cittadino e impedendogli per quanto in loro potere di trasformare il parlamento in un "bordello dei balocchi".
Come vent'anni fa si è arrivati alla fine di un'epoca: non c'è più fiducia in una classe dirigente che ha dimostrato di avere un'esercito di scheletri nell'armadio e di non interessarsi a nient'altro che alla propria salvaguardia. Stavolta le monetine non bastano più: è necessaria una vera e propria "catarsi" delle alte sfere. Basta riforme della giustizia, basta inutili lotte di partito: l'Italia ha bisogno di risposte serie, adesso.
B.e tutti coloro che occupano le poltrone del potere da oltre vent'anni solo per proteggersi dalla giustizia -che non fa altro che svolgere le proprie mansioni- dovrebbero capire che arrivato il momento di lasciare posto a chi al nostro Paese ci tiene, per davvero.

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