mercoledì 26 ottobre 2011

Abbandono.

Ascolto la radio e vengo a sapere che Berlusconi ha presentato la ricetta per la crescita italiana a Bruxelles senza lo straccio di un documento, parlando solamente di aria fritta. Accendo la televisione e vedo risse in Parlamento tra esponenti della nostra classe dirigente causate da una discussione sulla moglie di Bossi e sulla sua età di pensione. Apro il giornale e leggo che il nostro premier viene giustamente deriso da altri due premier di due Paesi europei, poiché su di Berlusconi e sulle cose che dice non rimane altro da fare se non ridere.
 Leggo queste notizie, le guardo, le ascolto. Mi ritrovo in esse, sento che purtoppo ne faccio parte. E inorridisco.
Io amo questo Paese. Purtroppo però crescendo mi sto rendendo conto che se tengo alla mia vita, alla mia crescita personale e soprattutto morale me ne devo andare. Sento che devo lasciarmi alle spalle tutto. Lasciarmi alle spalle corruzione, nepotismo, mafia, favoreggiamenti, comportamenti grotteschi, al limite del primitivo. Realizzarmi da uomo libero.
Certo, solo con la lotta si possono cambiare le cose, non ne dubito. Ma per l'Italia è diverso. Se un individuo vuole vivere con serenità in questo paese deve adattarsi al sistema, accettare troppe cose. Diventare colluso con un sistema che non accetta. E' l'Italia stessa che ci toglie le forze necessarie a una lotta. Ci sentiamo stanchi, pigri, disinteressati.
Mi si potrà dire che queste orribili peculiarità appaiono evidenti solo nella nostra classe dirigente. Che noi siamo succubi del palazzo. Non è così, è solo una presa in giro. Montecitorio è solo una piccola e circoscritta Italia. Siamo noi che sediamo in Parlamento. Siamo noi che vogliamo solo realizzarci, che vogliamo un sempre maggiore profitto.
Ogni italiano assumerebbe nella sua attività un parente piuttosto che uno sconosciuto, anche se ben più preparato e competente. Ogni italiano se può cerca di aggirare l'imposizione fiscale. Ogni italiano prova un piccolo moto di soddisfazione quando il governo annuncia che nel decreto sviluppo vi sono anche dodici condoni. Ogni italiano guarda il suo orticello, non curandosi della collettività.
Le eccezioni sono poche, troppo poche.
Non so cosa sarà di me e della mia generazione, ma so che il futuro che ci aspetta è nero. Le generazioni che ci hanno preceduto, pensando solo ad un bieco e fasullo benessere ci hanno lasciato un baratro senza fine sotto i piedi.
Sarò egoista, vuoto, menefreghista, ipocrita, ma il desiderio di voltarmi e andarmene è forte in me, ora come ora. Preme sul mio cuore, che piange sconsolato.

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